
Disturbi alimentari
Le categorie dei disturbi alimentari sono diverse: Anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbi di alimentazione incontrollata ed iperalimentazione associata ad altri sintomi psicologici.
Vi sono diversi fattori che predispongono un individuo a sviluppare un disturbo del comportamento alimentare, tra cui:
- essere una donna: infatti è innegabile che una donna sia molto più soggetta al culto della magrezza di quanto non lo sia un uomo;
- avere una età compresa tra i 15 ed i 35 anni, dove si riscontra la massima incidenza;
- molti DCA iniziano con una dieta restrittiva in persone soprappeso;
- avere una famiglia in cui il peso e la forma fisica sono considerati come problemi importanti;
- avere subito abusi sessuali nell’infanzia o nella adolescenza. Si è infatti riscontrata una incidenza statisticamente significativa di abusi in pazienti con DCA;
- essere cresciuti in una famiglia che non ha trasmesso sufficientemente la fiducia in se stessi, l’autostima, la capacità di riconoscere ed elaborare le emozioni.
La concorrenza di due o più di questi fattori creerà, negli individui che ne saranno portatori, una predisposizione a soffrire di un disturbo alimentare, che sarà tanto più forte quanto più numerosi saranno i fattori presenti.
Generalmente, anoressia e bulimia si instaurano nel periodo post-puberale o adolescenziale, coinvolgendo, soprattutto, giovani donne.
L’anoressia è un disturbo caratterizzato dalla riduzione volontaria dell’assunzione di cibo, legata ad una persistente distorsione della propria immagine corporea, che conduce la persona anoressica ad una perdita di peso molto consistente.
Spesso è difficile convincere un soggetto con disturbo di alimentazione a sottoporsi ad una terapia, poiché, di solito, egli nega di avere un problema; per questa ragione la maggior parte delle persone non segue alcuna terapia.
Con i pazienti anoressici il primo passo consiste nel ricondurre alla norma le funzioni alimentari e il loro stato nutritivo, per poi passare ad un intervento psicoterapeutico.
La bulimia -dal greco “fame da bue”- è un disturbo caratterizzato da consumo rapido di enormi quantità di cibo, seguito da comportamenti compensatori estremi, quali il vomito, il digiuno o l’attività fisica. Come per i soggetti con anoressia nervosa, la propria autostima dipende fortemente dal mantenimento del peso corporeo normale; i soggetti hanno un’immagine distorta del proprio corpo che viene considerato “grasso” anche quando il peso è relativamente normale.
Un importante principio nel trattamento della bulimia è la personalizzazione del piano terapeutico.
Come si è ben delineato, in entrambi i casi, anoressia e bulimia, si instaura un’anormale preoccupazione per il proprio peso corporeo, e, spesso, si trova una relazione tra l’anoressia nervosa e la bulimia, che, talvolta, può essere considerata come una fase che segue l’anoressia restrittiva.
L’individuo dimostra un’immagine distorta del corpo, un’incapacità di identificare sentimenti interiori e condizioni di bisogno ed un senso pervasivo di ‘ineffettualità’, ovvero un senso che le proprie azioni non abbiano origine nel sé ma riflettano, passivamente, aspettative esterne.
L’iperalimentazione, che porta all’obesità, è, a volte, reattiva ad eventi stressanti: lutti, incidenti, operazioni chirurgiche; eventi che possono dare seguito ad un’obesità reattiva, specialmente in pazienti predisposti all’aumento ponderale.
L’obesità può anche determinare un’ipersensibilità del paziente per quanto riguarda il suo aspetto e dar luogo ad una mancanza di sicurezza nelle relazioni interpersonali.
I disturbi alimentari coinvolgono la sfera dell’individuo nella sua totalità, manifestandosi a diversi livelli: fisico, emotivo, cognitivo, relazionale e sociale.
Sul piano fisico i sintomi e le conseguenze di tali disturbi si intrecciano in una costellazione di problemi, quali i disturbi del ciclo mestruale, alterazioni ormonali, edemi, carenze di diversi nutrienti necessari all’organismo (come proteine, vitamine e minerali), rallentamento del metabolismo, danni gastrici ed intestinali, disidratazione, infiammazione dell’apparato digerente, della gola e delle ghiandole salivari, distruzione dello smalto dei denti.
A livello emotivo tali disturbi comportano svariate problematiche, tra cui: una sempre maggiore difficoltà a comprendere e gestire le proprie emozioni; il provare un senso sempre crescente di estraneità (mancanza di consapevolezza riguardo alle proprie sensazioni somatiche e ai processi corporei) e di impotenza; la perdita di autostima e di fiducia in se stessi.
I processi di pensiero e di ragionamento si caratterizzano per la presenza di distorsioni cognitive (ad es., il pensiero dicotomico, cioè la tendenza ad elaborare le proprie idee in termini assolutistici di “tutto o nulla, giusto o sbagliato, buono o cattivo”); convinzioni irrazionali (ad es., “se sono abbastanza magra sarò accettata”), schemi di pensiero disadattivi che ostacolano l’individuo nel processo di adattamento al suo ambiente, invece di agevolarlo.
Dal punto di vista relazionale tali pazienti manifestano gravi difficoltà nell’instaurare rapporti interpersonali assertivi ed equilibrati, spesso assumendo uno stile di relazione fortemente passivo (compiacente, accondiscendente…) o aggressivo (autoritario o impositivo…).
Infine dal punto di vista socio-culturale si osserva l’identificazione assoluta con i modelli culturali e le norme sociali dell’ambiente esterno e l’adeguamento indiscriminato alle mode del momento, a scapito dell’affermazione positiva della propria personalità. In tal modo, subordinano il proprio valore personale a eventi, fenomeni, riscontri esterni, diventandone particolarmente dipendenti e vulnerabili.


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